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Giordano Bruno: un uomo contro

Quando scelsi di vedere questo film, ero nel mio “periodo Gian Maria Volonté”. La maggior parte del mio passato, almeno fino ad una certa post-adolescenza, è segnata da figure di attori, musicisti, artisti e spesso colloco nel tempo determinati eventi grazie al ricordo di quella divisione in fasi («Ah sì, quando mi piaceva Volonté»)… Con Giordano Bruno (1973) Giuliano Montaldo, regista da sempre “contro”, indaga gli ultimi anni del filosofo nolano (1548-1600), che si rifiutò di abiurare le idee che lo avevano condotto davanti all’Inquisizione e pagò infine con la propria vita. Interpretato da un magistrale Volonté, Bruno incarna la libera volontà dell’uomo di esplorare e conoscere, che inizia a imporre la propria forza proprio nel XVII secolo. Istanza che diventa perno concettuale per buona parte del cinema italiano (e non) degli anni ’70: non a caso, all’interno della cinematografia del regista, il film segue di un paio d’anni Sacco e Vanzetti, dove vediamo lo stesso Volonté, nei panni di Bartolomeo Vanzetti, rivendicare sul finale la propria imprescindibile identità di italiano e di anarchico. La meravigliosa fotografia di Vittorio Storaro reca in sé un’estetica evidentemente barocca, con i suoi bagliori di luce dorata e scarlatta che emergono dall’ombra per darsi reciprocamente forza.

Più ancora, dunque, un’estetica caravaggesca: nella scena in cui Bruno viene prelevato dalla sua cella per essere giustiziato è ben evidente la citazione della Vocazione di San Matteo (1599-1600) che il Caravaggio dipinse per la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma. Ma la vocazione di Giordano Bruno si intende in senso più umanista che religioso, e paradossalmente più vicina all’autentico messaggio di Cristo di quanto non lo siano le azioni repressive dell’Inquisizione: Bruno sa che ciò su cui si fonda la Chiesa controriformista è il timore («tenete più paura voi», sussurra durante il processo) e che sta arrivando per l’Uomo (l’Uomo barocco) il tempo di conoscere, di approfondire, di sapere. Poiché maggiore è la conoscenza, minore è la paura. «La mia filosofia è la libera ricerca e non il dogma. Ho sbagliato quando ho creduto di poter chiedere alla Chiesa di combattere un sistema di superstizione, di ignoranza, di violenza», dice Bruno durante quella splendida confessione che è in verità la brava riaffermazione dei principi da cui fiorisce il suo pensiero. E la sua vocazione, come una sorta di germoglio dei tumulti di libertà a venire, non può che condurre all’estremo sacrificio, anche in questo caso non lontano da quello di Cristo. Un uomo pronto a morire per non rinnegare le proprie idee, per non rinunciare alla propria coerenza. Il potere è qui incarnato dalla Chiesa, ma è chiaramente un abito che altri potrebbero attualmente indossare con ancor maggiore disinvoltura. Una curiosità: fra gli eretici chiamati alla morte sul rogo ritroviamo Angelo Guglielmi, il futuro direttore di Rai3.

Giuliano Montaldo, "Giordano Bruno", 1973Credits: Giordano Bruno © Carlo Ponti 1973
Giuliano Montaldo, “Giordano Bruno”, 1973
Credits: Giordano Bruno © Carlo Ponti 1973
Caravaggio, "Vocazione di San Matteo", 1599-1600 (Roma, San Luigi dei Francesi)
Caravaggio, “Vocazione di San Matteo”, 1599-1600 (Roma, San Luigi dei Francesi)

CC BY-NC-ND 4.0 Giordano Bruno: un uomo contro by Pantoscopio - Cinema e Arte is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.

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