
Forse più di ogni altro, Kubrick ha saputo lasciare segni indelebili del suo passaggio nella storia del cinema, rinnovando gli stilemi di molteplici generi: dal tema bellico alla fantascienza, dal noir al genere storico e in costume. Altrettante pietre miliari sono i suoi leggendari progetti incompiuti. Dopo l’uscita di 2001 Odissea nello spazio, il regista inseguì per anni il sogno di girare un film sulla straordinaria vita di Napoleone Bonaparte, per il quale il regista raccolse nel corso degli anni quasi 17.000 immagini d’epoca[1]. Il progetto Napoleon costituisce un caso a sé, in quanto basato sul consapevole intento di analizzare l’epoca contemporanea partendo dalle sue basi storiche:
«era uno di quei rari uomini che tengono in moto la storia e plasmano il destino della propria epoca e delle generazioni a venire; in un senso molto concreto, perfino il nostro mondo è il risultato di Napoleone, proprio come la carta geopolitica dell’Europa del dopoguerra è il risultato della seconda guerra mondiale. E del resto, naturalmente, su di lui non è stato ancora girato un film bello o preciso. Inoltre tutti i temi che vengono affrontati nella sua storia sono estremamente attuali: la responsabilità e gli abusi del potere, le dinamiche dell’evoluzione sociale, il rapporto dell’individuo con lo stato, la guerra, il militarismo, e così via, quindi non si tratterà solo di una polverosa rievocazione storica, ma di un film sulle questioni fondamentali dei nostri tempi, oltre che di quelli di Napoleone»[2].

Se le vicende napoleoniche disegnano un piano storico assai più vasto del suo tempo, per Kubrick è necessario mostrarne l’esatta natura attraverso un’attenta trasposizione estetica. La pluralità dei fondamenti culturali del Settecento trova la sua perfetta distillazione nella bellezza della strategia bellica, incarnatasi nella figura del grande generale:
«credo sia estremamente importante comunicare l’essenza di queste battaglie allo spettatore, perché hanno tutte una genialità estetica che può essere apprezzata anche da chi non ha una mentalità militare. C’è in gioco un’estetica: è quasi come uno splendido brano musicale, la purezza di una formula matematica. È questa caratteristica che voglio trasmettere, oltre alla sordida realtà della battaglia. Sa, c’è una strana disparità fra la parte puramente visiva e la bellezza organizzativa delle battaglie storiche abbastanza lontane da noi, e le loro conseguenze umane. È un po’ come guardare da lontano due aquile reali che si librano in cielo; magari stanno per sbranare una colomba, ma se ci si trova abbastanza lontani la scena è comunque bella»[3].

La sceneggiatura su cui avrebbe dovuto basarsi la pellicola è ormai da tempo disponibile sul web, nonché pubblicata all’interno della splendida raccolta Stanley Kubrick’s Napoleon, e vi si può verificare come Kubrick avesse scelto di esplorare la vita di Bonaparte dalla nascita fino alla morte: una fascinazione personale che lo portava perfino a sperimentarne le caotiche abitudini alimentari. Ma questo imponente progetto non riuscì ad ottenere le risorse necessarie per essere realizzato. Racconta infatti Riccardo Aragno, amico e collaboratore del regista, che Kubrick attendeva una risposta dalla casa di produzione MGM, rivelatasi negativa:
«con voce gelida Stanley sillabò: “La MGM ha detto che il film costerebbe 40 milioni di dollari (una cifra allora impensabile) e agli americani non importa nulla di Napoleone.” La cena continuò nel silenzio. Christiane [moglie di Stanley Kubrick, n.d.r.] disse che stava leggendo un libro molto curioso, intitolato A Clockwork Orange, un’espressione dialettale londinese. Io dissi che quel libro era stato letto e bocciato nel 1962 dal programma The Critics di cui io facevo parte come critico cinematografico. Da quella sera non si sentì più una sola parola sul progetto Napoleone»[4].
Si può ipotizzare che, dopo l’esperienza di Arancia meccanica, il regista abbia deciso di traslare le istanze estetiche emerse durante la lavorazione di Napoleon nelle rocambolesche vicende di Redmond Barry? Certamente sì. La sua attenzione per l’aspetto strategico ma anche estetico della guerra, la puntigliosa ricerca iconografica, il rapporto fra cinema, pittura e musica vi si sarebbero abbondantemente riversati. Non solo, già per Napoleon Kubrick aveva cominciato a sperimentare nuove soluzioni visive con speciali lenti Zeiss[5]. Racconta infatti John Alcott, direttore della fotografia di numerosi film del regista:
«si può dire che grazie alle sue ricerche era praticamente in grado di sapere dove si trovava Napoleone ogni giorno della sua vita, e lo stesso valeva per tutte le persone della cerchia dell’imperatore. Le nostre discussioni sulla fotografia vertevano essenzialmente sull’illuminazione a candela in un’epoca in cui non c’erano le attrezzature tecniche che più tardi ci permisero di girare Barry Lyndon»[6].
Kubrick rimaneggerà il personaggio di Barry, spaccone irrimediabilmente fuori luogo, facendone un malinconico e impotente Napoleone mancato. Come sottolinea Jan Harlan, «Napoleone non aveva che da incolpare se stesso per la devastazione che aveva creato»[7]: una riflessione assai adatta anche a Redmond Barry. Spirito d’avventura, audacia in combattimento, sensualità, ovvero i caratteri condivisi con la fiammeggiante personalità napoleonica, impallidiranno e si appiattiranno nella figura di Redmond, vuota maschera nelle mani della Storia.

Credits: Barry Lyndon © Warner Bros. e altri 1975
[1] J. Harlan, “Stanley Kubrick’s ‘Napoleon’”, in A. Castle (a cura di), Stanley Kubrick’s Napoleon. The Greatest Movie Never Made, Köln, Taschen, 2009, p. 16
[2] J. Gemlis, “Il regista cinematografico come superstar: Stanley Kubrick”, in S. Kubrick, Non ho risposte semplici. Il genio del cinema si racconta, Roma, Minimum Fax, 2007, p. 125
[3] Ibidem
[4] Ibidem
[5] Ibidem
[6] M. Ciment, Kubrick, Milano, Rizzoli, 1999, p. 219
[7] J. Harlan, “Stanley Kubrick’s ‘Napoleon’”, in A. Castle (a cura di), op. cit., p. 19
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