
Niente più dell’uso spersonalizzante della macchina da presa si presta facilmente ad uno studio meditato sulla rappresentazione e le sue origini. Omar Calabrese afferma: è «necessario di volta in volta, caso per caso, definire sotto quale rispetto (da quale punto di vista) consideriamo due testualità come analoghe. […] un testo cinematografico, per il fatto stesso di imitare, citare, richiamare la pittura, vuole significare qualcosa che va aldilà della imitazione, citazione, allusione in se stesse»[1]. E quale film se non il Barry Lyndon di Kubrick può rappresentare il «prototipo di intertestualità fra cinema e pittura»[2]? Quest’ultima non è infatti «solo una fonte iconografica necessaria ad una ricostruzione storica, e di ambiente; ma […] attraverso una serie di tecniche, di strutture cromatiche, di relazioni fra le diverse citazioni e i diversi motivi iconografici, attraverso questo sistema progettato insomma, noi ritroviamo un senso, con il quale possiamo interpretare il film»[3].
Non a caso, Calabrese ci ricorda che nel romanzo di Thackeray è lo stesso Barry a narrare le proprie avventure in prima persona, mentre il film risulta costruito «proprio attraverso la pittura, come una visione oggettiva, il che viene confermato dalla narrazione in terza persona»[4]. E quindi lo stesso sistema delle citazioni figurative ha una sua particolare coerenza,
«data dal fatto che tutte le opere pittoriche citate fanno riferimento a generi “oggettivi”. Il paesaggio, innanzitutto, caratterizza tutta la prima parte del film. Seguono poi le scene di battaglia, che riguardano la seconda metà della prima parte, e che rinviano al sottogenere epico della pittura inglese settecentesca di corte. Poi vengono i quadri di genere, o conversation pieces, e infine i ritratti di corte, che accompagnano la sezione “avventuriera” della vita di Redmond Barry, un genere che serve a storicizzare il personaggio e il suo ambiente sociale»[5].

Credits: Barry Lyndon © Warner Bros. e altri 1975

Nell’operazione di caratterizzazione interiore dei personaggi, due artisti giocano senza dubbio un ruolo essenziale: Thomas Gainsborough e Joshua Reynolds, indiscussi protagonisti del panorama ritrattistico inglese. Possiamo infatti affiancare il massiccio, paterno capitano Grogan e Lord Heathfield ritratto da Reynolds[6], o ritrovare la spavalderia di Redmond Barry nel ritratto del colonnello John Hayes St. Leger[7] e tutta l’arrogante innocenza del piccolo Bryan nei numerosi dipinti che Reynolds dedica al mondo dell’infanzia. È però Lady Lyndon, non a caso personaggio quasi completamente muto, a detenere il primato del più dettagliato studio psicologico e fisico: la stessa Milena Canonero rileva che «doveva essere una donna attenta al senso estetico, ma vuota come una bambola»[8]. Possiamo ritrovarne l’affascinante malinconia nella contessa di Chesterfield, ritratta da Gainsborough, così come è possibile riconoscerne l’innata, soave eleganza nel ritratto di Lady Sheffield sempre eseguito da Gainsborough[9]. Proprio questo artista ci offre infine quello che parrebbe assai verosimilmente il modello fisico in base al quale fu selezionata l’attrice Marisa Berenson, ovvero Mrs Sheridan.
Calabrese individua due motivazioni alla base di citazioni così sistematiche:
«la ragione tecnica consiste nel fatto che Kubrick ha costruito il casting dei personaggi sull’iconografia del Settecento pittorico inglese. La ragione narrativa risiede invece nel fatto che i personaggi prescelti, proprio a causa della memoria storica che li accompagna per motivo della loro origine pittorica, raccontano delle “storie potenziali”. In altri termini: sono per lo più figurine che si muovono, e che raccontano la loro storia solo perché rinviano quasi automaticamente a degli schemi narrativi noti. Non a caso l’azione cinematografica nella seconda parte del film è estremamente rarefatta»[10].

Credits: Barry Lyndon © Warner Bros. e altri 1975

Waddesdon Manor, National Trust
[1] O. Calabrese, Kubrick pittore, “Cinema & Cinema: materiali di studio e di intervento cinematografici”, n. 54/55, 1989, pp. 103-109, p. 103
[2] Ibidem
[3] Ivi, p. 105
[4] Ivi, p. 107
[5] Ibidem
[6] P. M. De Santi, Cinema e pittura, Art Dossier n. 16, Firenze, Giunti Editore, 1987, p. 58
[7] Ibidem
[8] S. Masi, Costumisti e scenografi del cinema italiano, L’Aquila, Lanterna magica, 1990, p. 125
[9] P. M. De Santi, op. cit., p. 58
[10] O. Calabrese, Kubrick pittore, p. 108
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