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Kubrick e Hogarth: satira e bellezza in Barry Lyndon.

Riassunto della puntata precedente: abbiamo visto come sia stato possibile identificare la caratterizzazione fisica dei personaggi di Barry Lyndon in altrettante citazioni pittoriche. Ma non si tratta solo di fedeltà alle fonti e alla cultura del Settecento.

Altri riferimenti pittorici sono profondamente affini al carico emotivo dei protagonisti, o meglio a ciò che stanno vivendo nel presente del tessuto narrativo. Un esempio su tutti, i lancinanti dolori di Lady Lyndon, preda del veleno per mezzo del quale ha tentato il suicidio, si concludono infine in una posizione che non può non ricordare L’incubo di Füssli: citazione doppiamente consapevole, in quanto la violenza incontrollabile della passione e del mondo onirico trovano nella nobildonna, con un figlio defunto e un altro in esilio, una perfetta incarnazione. Ma la personalità di questa donna perennemente ingannata, incapace del seppur minimo gesto di ribellione, si manifesta soprattutto nella privazione dell’amore coniugale. L’occhio cinematografico, giustamente distaccato, crea una satira dell’infelice matrimonio tra Redmond Barry e Lady Lyndon, trovandone il perfetto sembiante nell’opera di William Hogarth.

barry lyndon
Stanley Kubrick, “Barry Lyndon”, 1975
Credits: Barry Lyndon © Warner Bros. e altri 1975
Füssli incubo
Johann Heinrich Füssli, “L’incubo”, 1790-91
Frankfurt am Main, Goethemuseum

Riferimento immancabile quello al grande pittore inglese: i suoi due più celebri cicli pittorici, ovvero Il matrimonio alla moda (1743-45) e La carriera del libertino (1733-35) restano forse la fonte a cui Kubrick ha attinto maggiormente. Del primo ciclo fa parte il dipinto La mattina dopo, in cui vediamo una coppia, coniugata per interesse, convivere commettendo reciprocamente adulterio, sotto lo sguardo comicamente rassegnato dell’amministratore. Il marito, abbandonato in poltrona al seguito di una notte di bagordi, siede accanto all’illanguidita sposa, che ha senza dubbio trovato modo di colmarne l’assenza. La stessa posizione di lui verrà non a caso attribuita ad un Redmond Barry perduto nell’ebbrezza dopo la morte del figlio Bryan. Ormai solo, Barry sperimenterà tutta la solitudine di chi ha scelto la via delle nozze a puro scopo di lucro e innalzamento sociale. Un’influenza “atmosferica” dell’intero ciclo de La carriera del libertino è sua volta individuabile nell’interezza delle vicende di Barry: è infatti possibile riconoscere in Tom Rakewell (già rake, ovvero “furfante”, fin dal nome) l’esaltazione e la fondamentale ottusità dello stesso Barry nel salire e discendere altrettanto facilmente la scala sociale, nonché la totale noncuranza nei confronti dell’emotività femminile.

hogarth marriage a la mode
William Hogarth, “Tête à tête”, 1790-91
Londra, National Gallery

Ma Hogarth ha esercitato su Kubrick un’influenza ancora più profonda di quanto sembri: oltre a concretizzare visivamente quell’analisi di costume che era parte integrante della cultura e della letteratura britannica, con il saggio L’analisi della bellezza Hogarth sottolinea criticamente la fondamentale importanza della linea curva nell’arte, in quanto forma simbolica per eccellenza della bellezza. Kubrick lo prende in parola, facendo dell’uso del carrello laterale una delle tecniche principali nella costruzione dello spazio: la “linea serpentina” eseguita dalla macchina da presa (con il personaggio costantemente al centro e mai realmente in movimento) corrisponde, come rilevato da Bernardi, ai labirinti della Ragione che prendono forma nella categoria estetica del wit, ovvero il motto di spirito, vero dominatore della cultura settecentesca[1]. Non solo: «scegliendo Hogarth come fonte tematica privilegiata, sembra che Kubrick voglia riscoprire in un pittore le origini di quel linguaggio di cui egli, come cineasta, si serve»[2], confermando il particolare valore di Barry Lyndon come rappresentazione della rappresentazione, in cui, come nell’opera di Hogarth, «il percorso visivo prevale sulla meta e la traccia dello sguardo in movimento è più importante dell’oggetto guardato»[3].

[1]              S. Bernardi, Kubrick e il cinema come arte del visibile, Milano, Editrice Il Castoro, 2000, p. 40

[2]              A. Crespi, “Spazio e tempo in ‘Barry Lyndon’: la quadratura del cerchio”, in G. P. Brunetta (a cura di), Stanley Kubrick. Tempo, spazio, storia e mondi possibili, Parma, Pratiche, 1985, p. 157

[3]              S. Bernardi, op. cit., p. 40

CC BY-NC-ND 4.0 Kubrick e Hogarth: satira e bellezza in Barry Lyndon. by Pantoscopio - Cinema e Arte is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.

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