
Sì, lo ammetto. Anche io scelgo film e serie tv con l’utero. E come ogni fangirl che si rispetti, ho affrontato così The Hollow Crown (2012, BBC). Sì, è vero, mi piace Shakespeare. Adoro ascoltare il meglio del panorama artistico inglese recitare i suoi versi, e con quale straordinaria naturalezza. Ma tutto ciò per seguire chi, se non Tom Hiddleston, il beniamino di tutti i profili social femminili del pianeta? Ho iniziato a vedere il primo film della serie, Richard II, solo per raggiungere il prima possibile Henry V (perché va bene gli impulsi del basso ventre, ma anch’essi devono cedere di fronte alla consecutio shakespeariana). Ebbene, ho assaporato ogni parola pronunciata da un Ben Whishaw in stato di grazia, nei panni di quel Riccardo II che fu deposto dal cugino Henry Bolingbroke. Probabilmente resta il film con la regia più debole, se debolezza può essere considerata un’evidente matrice teatrale. Eppure, il livello della recitazione è costantemente elevatissimo: su tutti giganteggia l’ambiguo Whishaw, che alterna teatralità ieratica e spontanea vulnerabilità. Affascina inoltre la fotografia dorata che ci proietta direttamente nel Medioevo pre-giottesco, quando i re erano consacrati per volontà divina (da qui l’identificazione cristologica di Riccardo) e quella volontà traspirava da ogni loro più piccolo gesto.

Credits: © NBC Universal Television e altri 2012
Una preziosa grazia che non illuminerà l’era di Bolingbroke, ovvero Enrico IV, re-soldato che abita una corte solenne ma plumbea, tormentato dal ricordo della morte di Riccardo (interessante la citazione pittorica di San Sebastiano) e terrorizzato all’idea di perdere la corona. Come nei contenuti speciali del dvd sottolinea il suo interprete, un perfetto Jeremy Irons, Enrico è l’uomo che ha ereditato un ruolo che non avrebbe dovuto essere suo, e come ogni uomo che è riuscito a conquistare con la forza un onore tanto pesante, teme di vederselo scivolare fra le dita. Peggio ancora, teme che il proprio erede legittimo non ne sarà degno. E dunque, Henry IV – Parte I e II non è altro che la storia di un coming of age, in cui vediamo lo scapestrato ma coraggioso principe Hal cambiare pelle e trasformarsi nel nobile e fiero Enrico V; ed ecco che entra in scena Tom Hiddleston, a cui si deve un’interpretazione che tocca molteplici corde: malinconica, allegra, colpevole, e infine sicura, sanguigna, perfino goffamente romantica nella bellissima scena del corteggiamento a Caterina di Valois.

Credits: © NBC Universal Television e altri 2012
Ma prima di essere Enrico V, prima di guerreggiare ferocemente con la Francia e conquistare un posto speciale nel cuore e nella storia degli Inglesi (realistica la resa della battaglia di Azincourt), questo re è stato un ragazzo che voleva vedere e vivere il popolo, e che veniva trascinato nelle più assurde avventure da Sir John Falstaff: al personaggio comico per eccellenza, obeso, bugiardo ed edonista, Simon Russell Beale regala forse l’interpretazione più bella. Nelle sue mani, Falstaff non è più soltanto un vecchio cavaliere codardo, ma un essere umano complesso e in fondo amareggiato dalla propria viltà. E quando Hal, incoronato Enrico V, lo rinnega pubblicamente, è impossibile non provarne compassione: qui troviamo un sottofondo pro-nobiltà che è uno degli argomenti principali con cui gli Oxfordiani sostengono l’identità nascosta di Shakespeare.

Credits: © NBC Universal Television e altri 2012
Tutto ruota davvero intorno a quella «corona vuota», simbolo di regalità, ma peso enorme per chi la porta: appena deposto, Riccardo la getta sprezzante ai piedi del cugino, che a sua volta cercherà di trattenerla ad ogni costo e non sopporterà il sospetto che il figlio voglia portargliela via, con il suo corpo ancora caldo sul presunto letto di morte. Ma proprio qui nasce infine Enrico V, davanti ad un padre che gli chiede rabbiosamente spiegazioni: di quella corona non ambiva a portare ricchezza e gloria, ma a soppesarne l’onere ed esserne degno. Uneasy lies the head that wears a crown, afferma Enrico IV: è la corona ad aver tolto sonno e pace a questo sovrano, a cui Irons restituisce rabbiosa voglia di vivere e costante desiderio di affermazione. E su tutti, dai protagonisti ai personaggi con un solo verso a disposizione, Shakespeare spande da più di 400 anni la forza inarrestabile della sua comprensione per la natura umana. Ma la vera corona se la guadagna in questo caso la BBC, che per l’ennesima volta si mostra in grado di produrre TV di qualità, coinvolgendo cast e crew di prim’ordine: del resto, questi film furono prodotti come appendice delle Olimpiadi del 2012, e pensati per celebrare la grandezza della cultura e della storia inglesi. Insomma, per concludere: God save the Queen (and the BBC, too).

Credits: © NBC Universal Television e altri 2012
PS: [mode fangirl on] Un avvertimento a tutte/tutti coloro che lo apprezzano. In questo ruolo Hiddleston è di una bellezza agghiacciante. [mode fangirl off]
The Hollow Crown: God save the Queen (and the BBC, too) by Pantoscopio - Cinema e Arte is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.